venerdì 30 ottobre 2015

Ricerca. Oltre 200 brevetti italiani finiscono all’estero, un danno di 1,5 mld di euro l’anno


Un miliardo e mezzo di euro l’anno. È quanto rendono ogni anno gli oltre 240 brevetti prodotti dai migliori 50 ricercatori italiani. Peccato che a beneficiarne non sia l’Italia, ma i Paesi dove sono andati a lavorare. E così la “fuga di cervelli”, un danno per il patrimonio intellettuale italiano, si traduce anche in uno “spreco di cervelli”. Basta guardare ai dati dell’Ocse, dell’Agenzia nazionale di valutazione del sistema Universitario e della Ricerca e dell’I-Com, l’Istituto per la Competitività: nonostante i nostri ricercatori producano studi scientifici qualitativamente e quantitativamente superiori alla media Ocse (siamo all’ottavo posto nel mondo), solo una minima parte di questi si traduce in brevetti, produzione industriale e quindi ricchezza, nove volte meno che in Danimarca, sette volte meno che in Usa, quattro volte meno che in Germania, Francia e Spagna.
Come uscire dall’impasse? Dall’Italia una risposta per valorizzare il lavoro svolto dai ricercatori, e tradurlo in brevetti, in lavoro, in produzione industriale, arriva dal Sud Italia, esattamente dal Laboratorio di Ricerche Biomediche di Catania. Il laboratorio - presentato alla stampa in occasione del Convegno “Il valore della ricerca, la creazione di opportunità” a Catania - frutto di una collaborazione pubblico-privato, vede impegnate l’Università di Catania, l’Università La Sapienza di Roma ed Eli Lilly, oltre a poter contare sui fondi europei del Programma operativo nazionale (Pon) per il primo progetto portato avanti.

Obiettivo del laboratorio inaugurato nel 2013 è fare ricerca, adeguatamente finanziata, per poter tradurre poi le nuove scoperte e acquisizioni in brevetti e quindi in produzione industriale, invertendo la tendenza negativa del nostro Paese. E dare nuove opportunità ai ricercatori.

venerdì 23 ottobre 2015

Parlare con i pazienti riduce i ricoveri e migliora cure. Ma solo 1 medico su 5 sa ascoltare


Ascoltare fa bene, e se ad ascoltare è un medico il “fa bene” acquista un valore doppio. Perché le parole del medico curano come i farmaci: un rapporto empatico con il paziente riduce di quattro volte il rischio di ricoveri e aumenta del 34-40% la probabilità di tenere sotto controllo ipercolesterolemia, diabete, e rischio cardiovascolare, riducendo il pericolo di complicanze e perfino lo stress generato dagli esami clinici. Ma pochi camici bianchi ascoltano davvero i bisogni dei malati: solo il 22% instaura un rapporto empatico con gli assistiti, il tempo medio di una visita non supera i 9 minuti e già dopo 20 secondi il racconto del paziente viene interrotto dalle domande del dottore, che per due terzi del colloquio tiene gli occhi incollati al pc. Eppure, anche ai medici farebbe bene essere empatici: instaurare relazioni più profonde con i malati riduce le denunce per malpractice e soprattutto il rischio di Burnout.
Questi i dati elaborati dalla Società Italiana di Medicina Interna (Simi) e presentati in occasione del 116° Congresso nazionale che si è tenuto a Roma fino al 12 ottobre. Per gli internisti il “feeling” con i pazienti migliora l’efficacia delle cure e fa bene anche al medico per questo hanno proposto di inserire nel corso di laurea in medicina e chirurgia un modulo di scienze umane, da seguire durante i sei anni di studio attraverso seminari e didattica teorico-pratica dedicata.

giovedì 15 ottobre 2015

La mamma che non vaccina i propri figli è istruita, ha più di 30 anni e spesso lavora in sanità

Il ricorso al vaccino è in calo e difficile è anche dare un guidizio sulla vicenda. Potrebbe sembrare una pessima notizia, ma andando poi ad approfondire la cosa e ad indagare con cura, si scopre che le mamme più restie a vaccinare i propri figli sono proprio quelle armate di maggiore istruzione e, spesso, che lavorano proprio nella sanità. Particolare da non sottovalutare nella maniera più assoluta, anche se non certo da prendere in considerazione come una verità. Insomma, il tema è dibattuto e il Ministero chiede di non abbassare mai la guardia e di tenere alta la memoria del passato. Ma le coperture vaccinali nazionali contro la poliomielite, il tetano, la difterite e l’epatite B scendono al di sotto del 95%, la soglia minima prevista dal Piano Nazionale prevenzione vaccinale 2012-2014.
A fronte di questo calo vaccinale, iniziato in alcuni casi già negli anni scorsi, un’analisi scientifica svolta nel 2012 dalla Regione del Veneto ha indagato le motivazioni alla base della mancata vaccinazione. Il Report, intitolato “Indagine sui Determinanti del Rifiuto dell’ Offerta Vaccinale nella Regione Veneto”, ha effettuato una ‘fotografia’ dettagliata, a livello regionale, relativa principali fasce di popolazione che rientrano nelle percentuali di chi non aderisce alla vaccinazione. Con
un questionario online e a libero accesso, gli esperti hanno effettuato l’analisi di un campione rappresentativo di genitori di bambini vaccinati e non vaccinati in sei ULSS regionali e in parte anche nel territorio al di fuori della Regione Veneto.

giovedì 8 ottobre 2015

Orario di lavoro dei medici. Il 25 novembre sarà ripristinato il diritto al riposo

“Decorsi dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono abrogati il comma 13 dell'articolo 41 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e il comma 6-bis dell'articolo 17 del decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66”. Con questa disposizione contenuta nell’art. 14 della Legge 161/2104 si conclude una lunga battaglia condotta dall’ Anaao Assomed a difesa del diritto al riposo e a un tempo massimo di lavoro settimanale per i dirigenti medici e sanitari dipendenti del SSN.
La storia è iniziata nel dicembre 2007 in occasione della discussione della Legge Finanziaria 2008. Per questioni di natura economica, con le quali la crisi ha poco a che vedere, è stata decisa a tavolino e concordata tra le diverse forze politiche e le Regioni, una deregulation totale degli orari di lavoro del personale medico e sanitario. In alcune fasi del suo iter questa idea ha raggiunto aberrazioni tali che i medici avrebbero potuto lavorare anche due giorni di fila senza che ciò fosse considerato un illecito. Sono stati quindi creati supporti legislativi impropri per modificare l’art. 7 (riposo giornaliero) e l’art. 4 (durata massima dell’orario di lavoro settimanale) del D.Lgs 66/2003 con cui era stata recepita in Italia la direttiva europea sulla organizzazione dell’orario di lavoro.

venerdì 2 ottobre 2015

Intervista al presidente della commissione Affari Costituzionali sul Ddl concorrenza

“In Aula, tra gli emendamenti presentati sul ddl concorrenza, ci sono diverse proposte che riguardano le farmacie. Una di queste propone l’eliminazione del numero programmato, che poi vorrebbe dire il cambiamento dell’attuale sistema. Ce n’è poi un’altra che prevede l’obbligo per i Comuni di vendere le farmacie comunali che sono in perdita da due anni. Infine, ci sono gli emendamenti sulla liberalizzaizione della Fascia C”. Così il presidente della commissione Affari Costituzionali alla Camera, Andrea Mazziotti (Sc), a margine della festa di Scelta Civica a Salerno, in quest’intervista rilasciata a Quotidiano Sanità fa il punto sul al ddl concorrenza alla vigilia della ripresa della discussione in Aula.