venerdì 27 novembre 2015

Perché non tornare alle vaccinazioni anche a scuola dalle elementari?

Potrebbe sembrare una proposta dal gusto un pò retrò, ma avrebbe certamente un significato concreto, ossia quello trovare una soluzione per combattere il dilagare delle malattie infettive dei bambini: vaccinare i ragazzi, oltre che nelle sedi previste, direttamente a scuola, a partire dalle elementari, come accadeva fino agli anni '70. L'idea è stata lanciata dal presidente dell'Istituto superiore di sanità (Iss), Walter Ricciardi, e dalla senatrice Laura Bianconi, raccogliendo subito l'approvazione del presidente dell'Agenzia italiana del farmaco (Aifa), Sergio Pecorelli, e della presidente della commissione Sanità del Senato, Emilia Grazia De Biasi.
L'obiettivo, ha spiegato Ricciardi in occasione della presentazione al Senato dello studio 'Il valore economico delle vaccinazioni’, ''è garantire un'adeguata copertura contro le malattie infettive. Oltre alle altre sedi vaccinali, cioè, sarebbe opportuno tornare ad effettuare le vaccinazioni anche a scuola dalle elementari in poi, sia per i richiami sia per le vaccinazioni del periodo dell'adolescenza''. Una sperimentazione di questo tipo, 'Vacciniamo la scuola', ha sottolineato, ''è stata già fatta lo scorso anno in alcune città come Roma e Palermo, promossa dall'Università Cattolica, ed è andata molto bene''. Si tratta di una modalità utilizzata ad esempio in Inghilterra e lo scopo è allargare le sedi vaccinali.
Gli esperti si interrogano dunque sul come promuovere le vaccinazioni, partendo da un dato preoccupante: in Italia le coperture sono scese al di sotto del 95% per malattie come poliomielite, difterite, tetano, Haemophilus influenzae di tipo b ed epatite B, e sono addirittura sotto l'86% le coperture contro morbillo, parotite e rosolia. Un trend da invertire, soprattutto scardinando i pregiudizi nella popolazione e sempre più diffusi in rete: ''I vaccini sono la tecnologia più sicura ed efficace per evitare le malattie - ha detto Ricciardi - e sono oltre 500 i controlli che vengono effettuati durante la loro produzione e commercializzazione''.

venerdì 20 novembre 2015

Responsabilità professionale, assicurazione obbligatoria per tutti: dipendenti e liberi professionisti, Asl e strutture private

Rivoluzione in sanità. Una rivoluzione della quale si sentiva un gran bisogno e dà una stura al problema legato alla responsabilità professionale. La commissione Affari Sociali della Camera, l’altro ieri, ha approvato l’emendamento 8.50 al disegno di legge sulla responsabilità professionale presentato lo scorso venerdì dal relatore, Federico Gelli (Pd), interamente sostitutivo dell’articolo 8 in tema di obbligo di assicurazione.
In particolare, nel testo approvato viene previsto l'obbligo per tutti i dipendenti delle strutture sanitarie di essere provvisti di una copertura assicurativa. Tale misura viene estesa anche alle prestazioni sanitarie svolte in regime di libera professione intramuraria nonché attraverso la telemedicina. L'obbligo assicurativo viene previsto anche al fine di garantire efficacia all'azione di rivalsa da parte delle strutture nei confronti dei loro dipendenti. Quanto alla trasparenza, le aziende saranno obbligate a pubblicare sul loro sito internet la denominazione dell'impresa che presta la copertura assicurativa, indicando per esteso i contratti, le clausole assicurative, oltre a tutte le altre analoghe misure che determinano la copertura assicurativa. Viene poi previsto un apposito decreto del Ministero della Sviluppo economico, di concerto con il Ministero della Salute, che avrà il compito di definire i criteri e le modalità di vigilanza e controllo che l'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni (Ivass) sarà tenuto ad effettuare sulle compagnie assicuratrici che intendano contrarre polizze con le strutture e con gli esercenti la professione sanitaria.

venerdì 13 novembre 2015

In Italia la spesa sanitaria diminuisce ancora. E si allarga la forbice con l’Ue


“In Italia dunque si spende in sanità decisamente meno rispetto ai Paesi europei più direttamente confrontabili con il nostro Paese e i divari stanno crescendo nel tempo”. È quanto emerge dall’analisi dell’X Rapporto Meridiano Sanità della European House Ambrosetti presentato recentemente a Roma.
Il rapporto, come di consueto, ha scattato una fotografia delle performance sanitarie italiane ed europee mettendole a confronto attraverso il Meridiano Sanità Index. Quest’anno inoltre si è anche valutato come il contenimento della spesa sanitaria pubblica nel tempo ha compromesso le performance del sistema sanitario nazionale. E i dati, infatti, non sorridono, rispetto all’anno scorso l’Italia rispetto ai paesi dell’Ue 14 ha perso una posizione (dal 9° al 10° posto). Un peggioramento che dello stato di salute che se unito all’evoluzione del quadro demografico ed epidemiologico rischiano di portare la spesa sanitaria pubblica al 9,9% del Pil nel 2050 (la previsione dello scorso anno era di 9,5% del pil al 2050).

venerdì 6 novembre 2015

Promossi agli esami ma “rimandati” in stili di vita gli studenti universitari

C’è stato un periodo nel quale l’università italiana era diventata un diplomificio. Tutti a rincorrere una laurea per trovare un posto di lavoro sicuro. Per molti anche l’occasione di un riscatto sociale per la propria famiglia e per sé stessi. C’è stato poi un altro periodo nel quale gli atenei nazionali si erano trasformati in autentiche zone di parcheggio nel quale svernare per qualche anno, in attesa di trovare una collocazione lavorativa attraverso qualche concorso pubblico, visto che nei concorsi statali si richiedeva al massimo un diploma di scuola secondaria superiore. Questo “uso” o abuso dell’università non ha fatto altro che promuovere tanti giovani senza cultura, perché la “Cultura” non è nozionismo bensì conoscenza, al rango di studenti universitari, il massimo grado, o quasi, della scala gerarchica scolastica, senza però renderli “universitari” nella vita.
Il risultato di tutto ciò ce lo presenta un rapporto su comportamenti alimentari, attività fisica, abitudine al fumo, consumo di alcool e droghe, salute riproduttiva, attitudini verso l’apprendimento e le tecnologie, salute percepita e stato di benessere generale studiati dai ricercatori della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità e resi noti dai risultati dell’indagine “Sportello Salute Giovani”. La ricerca integrale, pubblicata sugli Annali dell’Istituto Superiore di Sanità, ha riguardato stili di vita e comportamenti di 8516 studenti di dieci università italiane (di Nord, Centro e Sud del Paese), in età compresa tra 18 e 30 anni: 5702 donne (67%) e 2814 uomini (33%) con età media di 22,2 anni.