domenica 16 marzo 2014

"Mi sta a cuore", presentata l’indagine sulle malattie cardio e cerebrovascolari

Cittadinanzattiva: “Serve un piano nazionale per superare la frammentazione dei servizi”

Per potersi sottoporre a un’ecocardiodoppler in una struttura pubblica bisogna aspettare circa 134 giorni se si fa richiesta presso la Asl Roma D, 189 alla Roma E, 198 alla Roma H e fino a 372 giorni per effettuare questo accertamento presso l’azienda ospedaliera San Camillo Forlanini.
Sono questi i tempi di attesa rilevati dall’indagine presentata presso la Camera dei Deputati “Mi sta a cuore”, che Cittadinanzattiva - Tribunale per i diritti del malato ha condotto per conoscere meglio le modalità con cui alcune Regioni e Asl stanno intervenendo per migliorare le reti per la prevenzione, la cura e la presa in carico dei pazienti con patologie cardiovascolari e cerebrovascolari.


Si tratta di una ricerca dal grosso impatto sociale visto che si sta parlando di patologie come l’ictus che rappresenta la prima causa d’invalidità al mondo, la seconda causa di demenza e la terza di mortalità nei paesi occidentali. Alta l’incidenza anche in Italia, dove oltre il 12% della popolazione soffre di disturbi cardiovascolari, il 40% delle morti per malattia sono determinate da problemi di natura cardiaca e quasi un milione di persone convive con gli effetti invalidanti di un ictus.

Nella ricerca sul territorio sono state coinvolte 16 aziende sanitarie locali e ospedaliere, gli Assessorati alla Salute delle Regioni Basilicata, Emilia Romagna, Lazio, Lombardia, Veneto e diversi rappresentanti dei professionisti sanitari e delle Associazioni di pazienti Conacuore Onlus, Alice Onlus, AMD, CARD, SIPREC, SIDV.

“Le informazioni dell’indagine – ha dichiarato Tonino Aceti, Coordinatore nazionale del Tribunale per i diritti del malato di Cittadinanzattiva – mostrano la necessità di un Piano nazionale di programmazione degli interventi socio-sanitari nell’area dell’assistenza cardio e cerebro-vascolare, che nasca dal lavoro congiunto dei diversi stakeholder, organizzazioni di cittadini e pazienti comprese, per dare uniformità ai diritti dei cittadini, garantendo un uguale accesso alle cure sui territori regionali e locali e livellando al rialzo il grado di qualità e sicurezza degli interventi”.  

Nel Lazio, tenendo in considerazione i dati emersi dalle strutture coinvolte nell’indagine, le aree più periferiche e distanti da Roma sono quelle più penalizzate: nel territorio della ASL di Frosinone e nella Roma H, ad esempio, non si effettua la trombolisi. E nonostante le delibere e i decreti regionali del 2010 alcuni centri ictus previsti “sulla carta” non sono ancora attivi.

Ma una soluzione ci sarebbe. Viste le notevoli disparità sul territorio nazionale, la definizione e implementazione di Percorsi diagnostici terapeutici sull’intero territorio italiano (PDTA) rappresenterebbero una risposta efficace per tutti: dalle Regioni alle ASL, dai  professionisti ai cittadini, costretti troppo spesso a dover lamentare tempi di attesa molto lunghi, difficoltà legate all’assistenza territoriale e all’accesso ai farmaci e anche dismissioni premature.


A cura di Progetto Archimede

www.progettoarchimede.com

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