domenica 14 dicembre 2014

Salute e povertà. Aumentano gli assistiti italiani

La crisi economica che sta mettendo in chiara difficoltà tante famiglie italiane continua a fare vittime mentre non si vede nessuno spiraglio di luce. Un metro per misurare questo profondo malessere c’è dato in maniera chiara dai dati forniti dall'Istituto per la salute dei migranti e delle malattie della povertà. Infatti sono in aumento gli italiani che ricorrono all’Istituto e che sono infatti passati dall'8% del 2008 al 42% di oggi. Il drammatico dato è emerso nel 1° convegno annuale ‘La salute di tutti, nessuno escluso’, promosso a Roma dall'Istituto nazionale per la promozione della salute delle popolazioni migranti e delle malattie della povertà (Inmp), che si è tenuto recentemente al San Gallicano di Roma, dove è stato anche presentato il Libro Bianco 'Equità nella Salute'. Inoltre, le diseguaglianze in salute costano anche in termini economici: almeno il 10% del Pil, in un quadro economico sempre più complicato in cui, secondo i dati Eurostat, le persone a rischio povertà o esclusione sociale in Italia hanno raggiunto il 28,4% della popolazione.

L’Inmp, che rappresenta un istituto pubblico del Ministero della Salute, garantisce assistenza a italiani e stranieri attraverso l’ambulatorio medico polispecialistico e psicologico con molteplici attività, in costante espansione qualiquantitativa. Fra le attività svolte finora in Italia dall’Inmp, particolare rilevanza hanno avuto progetti sui dispositivi medici finanziati dal Ministero della Salute, con lo scopo di consentire un accesso ampio alle prestazioni essenziali per fasce di popolazione svantaggiate.
Uno dei dati più eloquenti forniti dall’Inmp nel corso del convegno, è che e se si potesse intervenire sui meccanismi che generano queste disuguaglianze di censo, reddito e istruzione fino a minimizzarle, si potrebbero ottenere notevoli miglioramenti di salute: fino al 25% di riduzione della mortalità fra gli uomini e circa il 10% fra le donne.
Nel corso del convegno è stato presentato il Libro Bianco ‘Equità nella Salute’, nato per iniziativa del Gruppo interregionale ESS - Equità nella Salute e nella Sanità della Commissione Salute delle Regioni, coordinato dalla Regione Piemonte.Tale iniziativa si sviluppa in accordo con gli obiettivi di contrasto alle diseguaglianze di salute previsti dal Progetto interregionale 2013-15 dell’Istituto Nazionale per la promozione della salute delle popolazioni migranti e il contrasto delle malattie della povertà – Inmp.
Il volume mostra come i cittadini in condizioni di svantaggio sociale tendono ad ammalarsi di più, a guarire di meno, a perdere autosufficienza, ad essere meno soddisfatti della propria salute e a morire prima. Mano a mano che si risale lungo la scala sociale questi stessi indicatori di salute migliorano, secondo quello che viene chiamata la legge del gradiente sociale.
Tra gli uomini in Italia negli anni Duemila si osservano più di cinque anni di svantaggio nella speranza di vita tra chi è rimasto in una posizione di operaio non qualificato rispetto a chi è approdato ad una posizione di dirigente, con aspettative di vita progressivamente crescenti salendo lungo la scala sociale. Il rischio di morire cresce regolarmente con l’abbassarsi del titolo di studio; tra gli uomini fatta uguale uno il rischio di un laureato, la mortalità cresce del 16% nel caso della maturità, del 46% nelle medie e del 78% nelle elementari. Questo fenomeno si ripete anche tra le donne e riguarda tutti gli indicatori di salute: ammalarsi, restare a lungo con la malattia e con le sue conseguenze, finire male a causa della malattia.

Lo studio evidenzia come le disuguaglianze di salute costituiscano anche un fattore di inefficienza, perché rappresentano un freno allo sviluppo sociale ed economico di un Paese, in quanto presuppongono l’uscita precoce dal mercato del lavoro di individui altrimenti produttivi, un maggior costo a carico del servizio sanitario, delle politiche assistenziali e del welfare, così come una ragione di minore coesione sociale, con un impatto complessivo stimato intorno al 10% del Pil. Se si potesse intervenire sui meccanismi che generano queste disuguaglianze fino ad eliminarle, calcola il libro, si potrebbero guadagnare notevoli miglioramenti di salute, ad esempio riduzioni della mortalità che arrivano fino al 50% tra i giovani adulti maschi.

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