venerdì 29 agosto 2014

Sla: il successo delle secchiate e la richiesta di nuovi centri nel Lazio

Le secchiate d'acqua gelata per la Sla 'funzionano' e stanno facendo impennare in Italia le donazioni per la ricerca sulla Sclerosi laterale amiotrofica. La moda dell'Ice Bucket Challenge sta contagiando tutti. Tuttavia le secchiate gelide sono tutt'altro che un semplice tormentone estivo, considerando il boom delle donazioni: si sono letteralmente impennate dai 40.000 euro registrati sabato mattina ad oltre 100.000, e soltanto per l'Aisla, la più grande delle associazioni impegnate in Italia nella lotta alla Sclerosi Lateriale Amiotrofica (Sla). «È stata un'idea straordinaria, che ha coinvolto tutto il mondo, un successo fantastico», dice entusiasta il presidente dell'Aisla, Massimo Mauro. Ex calciatore, Mauro è stato con Gianluca Vialli anche il fondatore della Fondazione Vialli e Mauro per la Ricerca e lo Sport.
La Sla (o morbo di Lou Gehrig, malattia di Charcot o malattia dei motoneuroni) è una malattia degenerativa e progressiva del sistema nervoso che colpisce i neuroni che controllano il movimento. Tra le conseguenze, la perdita della capacità di deglutire, di articolare la parola e di controllare i muscoli scheletrici, con una progressiva paralisi.
Secondo le stime dell'Aisla la malattia colpisce circa 6.000 persone in Italia e le sue cause sono sconosciute. Accertarle è uno degli obiettivi della ricerca. La campagna, partita in America a fine luglio, tramite i social network si è diffusa rapidamente in tutto il mondo, coinvolgendo gente comune e personaggi noti in un crescendo di video-contributi che vede ogni giorno arricchirsi l’elenco di vip bagnati in performance da milioni di like che, in Italia, però non corrispondono a milioni di donazioni.
Accanto a questi dati, c’è anche chi solleva un altro genere di problema. Infatti una denuncia segnala che nel Lazio solo due ospedali sono accreditati, costringendo i malati e i loro familiari ad affrontare non poche difficoltà per accedere a cure e assistenza. Infatti le due strutture sanitarie accreditate dalla Regione sono il Gemelli e il San Filippo Neri, entrambe a Roma. Ce ne sarebbe anche un’altra all’interno del policlinico Umberto I, ma è da tre anni che aspetta di esserlo. È l’Unità di area critica ambulatoriale, un centro per la Sla guidato da Maurizio Inghilleri, professore associato in Neurologia dell’università la Sapienza, ricercatore, un medico che segue ogni anno, con un team multidisciplinare, circa 190 malati dei 500 stimati nella nostra Regione. Inghilleri attende che la Regione riconosca e offra il sostegno per mandare avanti il lavoro della sua struttura. Intanto una delle associazioni più presenti su Roma e nel lavoro dell’Umberto I, “Viva la Vita”, ha aderito all’appello dall’Ice Bucket Challenge: «È un modo per parlarne come un altro della Sla», dice Mauro Pichezzi «ma i problemi sono tanti». Non ultimo l’atteso Registro di patologia «per capire quanti malati ci sono nel Lazio, dove sono e come vivono nella nostra Regione che stenta però ad arrivare».

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