E’
definita la malattia del secolo. Strisciante e subdola, colpisce nel segreto
dell’intimità umana e lascia tracce profonde. Una malattia a cui non piace il
palcoscenico, spesso sottovalutata dalla medicina tradizionale, eppure
altamente invasiva e drammaticamente attuale. E’ la depressione, che quando
colpisce lascia segni che vanno a stravolgere la vita di relazione degli esseri
umani. Il diffondersi sempre più evidente della depressione è evidente nei dati
del Rapporto Osmed 2014 diramati all'Aifa: nel nostro Paese il consumo di
antidepressivi è divenuto talmente ampio da costituire, a detta dei vertici
dell’agenzia, 'una delle principali componenti della spesa farmaceutica
pubblica'. Durante i primi 9 mesi del 2014, i nostri concittadini hanno acquistato
più antidepressivi, e contestualmente meno antibiotici e meno vaccini. Non c'è
da stupirsi: da tempo la rabbia e la depressione vengono individuati da enti di
ricerca e istituzioni quali fattori chiave della crisi sociale che stiamo
attraversando. Ciò che invece stupisce è che si continui a trascurare
l'opportunità di appropriatezza ed efficacia offerta dall'apporto di psicologi
e psicoterapeuti, le cui potenzialità vengono tuttora colpevolmente trascurate
dal Servizio Sanitario Nazionale. Eppure curare la depressione costa poco
rispetto ai costi diretti ed indiretti che genera.
In uno studio pubblicato sulla piattaforma di studi
scientifici PLOS One, i ricercatori Sara
Evans-Lacko e Martin Knapp hanno evidenziato come e quanto la depressione possa
incidere sulla produttività dei cittadini, facendo aumentare a dismisura i
fondi necessari per le politiche statali di welfare, tra incremento dei costi
per i servizi sanitari, incentivi per il collocamento dei disoccupati e il
ricollocamento di chi, a causa della malattia, ha perso il lavoro (in Europa,
in questo periodo una persona su dieci) ed ancora investimenti a favore delle
politiche familiari e assistenza ai pazienti più gravi. Viene dunque naturale
domandarsi: perché far diventare la depressione una malattia cronica? Perché
permettere che devasti persone, famiglie e casse del Sistema Sanitario?
C’è una soluzione? L’Ordine degli Psicologi del Lazio ritiene
di sì. Come? “Continueremo a proporre alle istituzioni di dare crescente
centralità alla psicoterapia nei percorsi di cura e a prestare maggiore
attenzione alle opportunità offerte dall'apporto di cura e di efficienza
offerto dalla nostra categoria professionale” affermano. Basterà?
Non lo sappiamo, ma certamente
sappiamo che bisognerà trovare al più presto una soluzione ad una patologia che
merita di non essere sottovalutata.
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