sabato 7 febbraio 2015

Allarme depressione. L’uso di antidepressivi è in costante aumento


E’ definita la malattia del secolo. Strisciante e subdola, colpisce nel segreto dell’intimità umana e lascia tracce profonde. Una malattia a cui non piace il palcoscenico, spesso sottovalutata dalla medicina tradizionale, eppure altamente invasiva e drammaticamente attuale. E’ la depressione, che quando colpisce lascia segni che vanno a stravolgere la vita di relazione degli esseri umani. Il diffondersi sempre più evidente della depressione è evidente nei dati del Rapporto Osmed 2014 diramati all'Aifa: nel nostro Paese il consumo di antidepressivi è divenuto talmente ampio da costituire, a detta dei vertici dell’agenzia, 'una delle principali componenti della spesa farmaceutica pubblica'. Durante i primi 9 mesi del 2014, i nostri concittadini hanno acquistato più antidepressivi, e contestualmente meno antibiotici e meno vaccini. Non c'è da stupirsi: da tempo la rabbia e la depressione vengono individuati da enti di ricerca e istituzioni quali fattori chiave della crisi sociale che stiamo attraversando. Ciò che invece stupisce è che si continui a trascurare l'opportunità di appropriatezza ed efficacia offerta dall'apporto di psicologi e psicoterapeuti, le cui potenzialità vengono tuttora colpevolmente trascurate dal Servizio Sanitario Nazionale. Eppure curare la depressione costa poco rispetto ai costi diretti ed indiretti che genera.

In uno studio pubblicato sulla piattaforma di studi scientifici PLOS One, i ricercatori Sara Evans-Lacko e Martin Knapp hanno evidenziato come e quanto la depressione possa incidere sulla produttività dei cittadini, facendo aumentare a dismisura i fondi necessari per le politiche statali di welfare, tra incremento dei costi per i servizi sanitari, incentivi per il collocamento dei disoccupati e il ricollocamento di chi, a causa della malattia, ha perso il lavoro (in Europa, in questo periodo una persona su dieci) ed ancora investimenti a favore delle politiche familiari e assistenza ai pazienti più gravi. Viene dunque naturale domandarsi: perché far diventare la depressione una malattia cronica? Perché permettere che devasti persone, famiglie e casse del Sistema Sanitario?
C’è una soluzione? L’Ordine degli Psicologi del Lazio ritiene di sì. Come? “Continueremo a proporre alle istituzioni di dare crescente centralità alla psicoterapia nei percorsi di cura e a prestare maggiore attenzione alle opportunità offerte dall'apporto di cura e di efficienza offerto dalla nostra categoria professionale” affermano. Basterà?
Non lo sappiamo, ma certamente sappiamo che bisognerà trovare al più presto una soluzione ad una patologia che merita di non essere sottovalutata.

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