Fino a cinquanta anni fa la disabilità era indice di
vergogna. Tantissimi i casi, soprattutto nel nostro Meridione, nel quale il
figlio affetto da patologie invalidanti veniva recluso in casa e reso oggetto
di mistero agli altri perché considerato un segno punitivo del destino. Ci sono
voluti anni, studi, ma soprattutto cinema e televisione, a far uscire di casa e
far vivere diversamente la propria disabilità milioni di disabili, che
finalmente hanno potuto esprimersi e far capire che l’accoglienza e la partecipazione
possono fare miracoli.
Ora, la disabilità sta diventando una presenza che “pesa”.
Ma pesa non più come macigno di cui liberarsi, piuttosto che ha valore,
consistenza, efficacia. Il processo è lungo, la direzione incerta, gli esiti a
volte discutibili ma, comunque, qualcosa sta cambiando. È questa la diagnosi
emersa da “Disabilità e media”, il Rapporto della Fondazione Matteotti 2012
presentato a Roma, nella biblioteca della Camera dei Deputati che ha monitorato
una serie di storie di disabilità raccontate da alcune delle maggiori testate
nazionali di informazione di carta stampata e siti internet specializzati,
cogliendo peculiarità, dati emergenti e trend
nelle modalità di rappresentazione dei diversamente abili da parte dei
media.