mercoledì 11 luglio 2012

Dal 12 luglio protesi mammarie vietate alle minorenni


Il 2011 si era chiuso con l’impegno del Ministero della Salute per una serie di azioni che, in accordo con le Regioni e Province autonome, mirassero a tutelare le donne italiane alle quali era stata impiantata unaprotesi mammaria cosiddetta PIP, dal nome della casa produttrice francese Poly Implant Prothèse. Una dichiarazione d’intenti che sei mesi dopo, tra silenzi, qualche polemica e tanto lavoro, è andata ben oltre ogni aspettativa. 
Dal 12 luglio, infatti, entrerà in vigore la legge del 5 giugno 2012, n.86 «Istituzione del registro nazionale e dei registri regionali degli impianti protesici mammari, obblighi informativi alle pazienti, nonché divieto di intervento di plastica mammaria alle persone minori», pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 148 del 27 giugno scorso.
Si tratta di un passaggio formale importante  che, proprio per prevenire i rischi sollevati dal “caso PIP”, si concretizza con l’istituzione del registro nazionale e dei registri regionali degli impianti protesici mammari effettuati in Italia, nell’ambito della chirurgia plastica, ricostruttiva ed estetica. I registri consentiranno, infatti, un attento monitoraggio clinico delle persone impiantate, oltre al monitoraggio epidemiologico a scopo di studio e ricerca scientifica e di programmazione, gestione, controllo e valutazione dell’assistenza sanitaria. In realtà, anche l’allarme legato alle protesi francesi è pian piano rientrato, visto che non esistono prove di maggior rischio di cancerogenicità, pur essendo stata riscontrata una maggiore probabilità di rottura e di reazioni infiammatorie, dovute alla fuoriuscita del gel PIP; ma il clamore della notizia esplosa sul finire dello scorso anno ha creato le premesse senza le quali forse non si sarebbe mai arrivati a questo provvedimento che, oltre al monitoraggio, prevede il divieto di impianto di protesi mammaria a soli fini estetici sulle minorenni. Gli operatori sanitari che non rispetteranno questa prescrizione saranno puniti con il pagamento di una somma pari a 20.000 euro o con la sospensione dalla professione per tre mesi. Ovviamente non c’è nessun divieto nei casi di gravi malformazioni congenite purché certificate da un medico convenzionato con il Servizio sanitario nazionale o da una struttura sanitaria pubblica. 
Si tratta di un provvedimento che sarà senz’altro ben accolto dalle donne che ne riconosceranno la doppia valenza sia medica, per l’istituzione dei registri, sia educativa, per questo che è anche un monito a privilegiare la salute rispetto all’estetica e a ponderare con maturità scelte che potrebbero condizionare anche la qualità della vita futura. 
a cura del Progetto Archimede
 Massimiliano Picardi

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