Ecco la relazione introduttiva di Paolo Fontanelli all'incontro che si è svolto a Roma il 9 luglio scorso.
ll punto di partenza è ovviamente la necessità di fare i conti con l'emergenza crisi e il
contenimento della spesa pubblica. Ciò comporta, è inevitabile, anche l'impegno ad una
riflessione sul futuro del SSN per salvaguardare i servizi ai cittadini e tutelare il diritto alla
salute in una logica universalistica. Su queste esigenze la ri unione di oggi è una tappa di
partenza per arrivare a lla conferenza nazionale del PD sulla salute entro la fine del l'anno,
coinvolgendo i tanti e diversi attori che operano nella sanità italiana e attivando un
confronto politico e istituzionale volto a dare a questa materia l'attenzione che merita. Per
le tante professionalità che vi agiscono e, soprattutto, per il va lore primario che ha e
rappresenta il diritto alla salute.
Dunque vogliamo avviare un percorso per discutere e approfondire i problemi attuali e di
prospettiva. Nel documento approvato dall'Assemblea Nazionale del PD, intitolato "La
sa lute in tutte le politiche", ponevamo temi e quest ioni che restano tutt'ora valide. Ma oggi
sentiamo che su un punto come questo, un valore fondamentale , c'è bisogno di ricostruire
una visione di respiro più lungo perché la domanda di salute tende a mutare, sia per i
cambiamenti determinati dall'allungamento delle aspet1ative di vita e dai processi che ne
çcnseguonn, e sia per attese indotte da stili di vita diversi che modificano l'approccio con il
tema salute.
Ma la condizione essenziale per ragionare di prospettive è affrontare l'attuale fase
critica del sistema sanitario salvaguardando i livelli di assistenza ai cittadini.
Oggi siamo ad un punto difficile, delicato, critico, nella tenuta del sistema: lo dimostrano i
molteplici segnali di malessere che vengono da tu tti i settori del mondo sanitario, dai
medici, gli infem1ieri, i tecnici, i dirigenti, le associazioni per i diritti del malato, fino alle
imprese della fannaceutica. Non è solo stress, e ragioni di questo tipo ce ne sono davvero
molte, troppe, per chi lavora con professionalità e senso di responsabilità nelle nostre
strutture sanitarie, ma si tratta di una situazione sull'orlo del collasso. Questo è il
messaggio che arriva dalle ripetute espressioni di scontento che spesso accumulano,
talvolta con ragioni differenti, gli operatori con i cittadini-pazienti.
La prima ragione è nella riduzione delle risorse fi nanziarie destinate al SSN attuata in
questi ultimi anni che hanno già ridotto l'incidenza della spesa sanitaria sia nel rapporto
con il PIL (nel 20I I siamo al 7,1 meno 0,1 sull'anno precedente) che nel rapporto
disavanzo/FIL (0, Il contro lo O, 14 del 20 I 0). La spesa programmata negli ultimi anni è
stata sistematicamente aggiomata al ribasso. E' la stessa Corte dei Conti che ha evidenziato
come nel 20 12 la spesa tendenziale stimata si sia ridotta di oltre IO miliardi, 1'8,5%,
rispetto alle previsioni del 2008. Certamente un trend di riduzione della spesa superiore a
quello della spesa pubblica complessiva. Anche in cifre assolute ciò che è avvenuto nel
201 1 è estremamente significativo: da una spesa programmata di 114,9 miliardi si è scesi a
112. Ma l'impatto più pesante è quello previsto per il triennio 20 12/2015. Secondo le
Regioni fra tagli vari e tickets è già programmata una "botta·· di l 7 miliardi (Governo
Berlusconi) ai qual i rischiano di aggi ungersi i 5 annunciati dal Govemo attua le: tra l'altro
con i tickets in vigore, siamo a più di 4 miliardi e altri 2 sono programmati dall'ultima
manovra di Tremanti, si va a incidere significativamente sui bilanci delle famiglie e degli
anziani con i redd iti più bassi accentuando le iniquità del nostro sistema fiscale e allo stesso tempo si sta incentivando il ricorso alle strutture private per diversi tipi di
prestazioni, poiché il costo diventa competitivo e i tempi del privato sono molto più rapidi.
Non è un caso che nell'ultimo anno si sia registrato un sensibi le incremento della spesa
privata in sanità, diventando sensibilmente più alta della media europea. Ovviamente
questo fenomeno riduce le entrate per il sistema pubblico che deve comunque tenere in
piedi le strutture per l'erogazione dei servizi.
Già questi dati ci dicono che bisogna ribadire con forza che l'argine per la difesa del diritto
alla sal ute sono i LEA, che si deve certamente lavorare megl io su ll'appropriatezza, ma che
non si può accettare in questo campo una logica ragionieristica che fini sce per far saltare il
SSN. In propos ito fa piacere ricordare una frase della relazione del procuratore generale
della C01te dei Conti nel rendiconto genera le dello Stato. E' curioso, o sintomatico, che sia
lì, un quel contesto. Però dice il procuratore Benedetti :" il govemo della spesa sanitaria
non può essere esclusivamente subordinato al mero rispetto delle regole contabili". Ma non
sembra, da quanto avviene, che dal MEF o dalla ragioneria dello Stato vi sia conoscenza di
tale relazione.
Allora bisogna dire con chiarezza che non ci sono più i margini per una riduzione
ulteriore degli stanziamenti per il fondo nazionale per la spesa sanitaria.
Insistere ancora su questa linea significa di fatto mettere in discussione il livello dei servizi
ai cittadini, sia sul piano quantitativo che qualitativo.
Del resto che l'allarme del Govemo, amplificato dai media, su lla spesa sanitaria fuori
controllo e madre di tutti gli sprechi, sia ingiustificato lo dicono chiaramente i dati non solo
della Corte dei Conti ma onnai di diversi centri studi e persino la "Relazione generale sulla
situazione economica del Paese", pubblicata sul sito dell'Economia parla di una calo
sensibile del disavanzo in sanità. E anche i confronti con l'incidenza della spesa sanitaria
degli altri principali Paesi europei confennano questa realtà: in Francia, in Gennania, nel
Regno Unito, in Olanda, spendono molto più di noi. Inoltre non bisogna dimenticare che
nel rapporto con il PIL sul piano del valore economico il computo della sanità pesa molto
di più della quota che riguarda la spesa (...). Questo dato ci dice che il
sistema sanitario italiano è anche una rilevante risorsa per l' economia, il lavoro, la ricerca
e l' innovazione del nostro Paese, e il grido di allarme che in questi giomi è venuto
dalr industria fam1aceutica non è infondato ma esprime una preoccupazione reale.
Per tutti questi motivi il PD dice no ai tagli e a nuovi tickets, anche se siamo
consapevoli che la profondità della crisi non consente certo di pensare in termini di
incremento della spesa pubblica.
Condividiamo gli obbiettivi che il Governo Monti ha messo al centro del decreto su lla
"spending review": evitare l'aumento dell'IVA e trovare la copertura per gli interventi sugli
esodati e sul terremoto. Abbiamo anche dichiarato la nostra disponibilità ad una opera di
razionalizzazione selettiva della spesa, in grado di individuare e colpire gli sprechi o gli
eccessi di spesa, come quella portata avanti con l'incarico a Bandi. Anzi essa poteva e
potrebbe essere l'occasione, soprattutto nel campo sanitario, per una azione di lotta contro
il malaffare, gli intrecci impropri, l'opacità di molte gestioni amministrative. Con i dati
dettagliati raccolti da Bandi era possibile, e speriamo che lo sia ancora, aprire un tavolo per
un lavoro stringente con le Regioni, all'insegna della conesponsabilizzazione, per
verificare con puntualità il di fferenziale su appalti, contratti, prezzi e servizi, e comunque
per individuare una media in grado di distinguere fra sprechi e rispanni attuati. Ma il
metodo seguito nel decreto contraddice questa impostazione, perché alla fine si attua una
riduzione indifferenziata e chi è già al di sotto della media perché ha attu ato pratiche
positive si troverà in maggiori diffi coltà con la conseguenza di dover tagliare i livelli di
servizio, e invece galleggerà ancora chi ha il grasso dell'eccesso si spesa.
Accettiamo tuttavia l'idea e la sfida che la revisione della spesa sia la via per recuperJre
risorse nel sistema sanitario. Ma in un quadro in cui sono evidenti i rischi di ind ebolimento
dei serv izi sarebbe logico che i rispam1i venissero impiegati per riqualificare e tenere in equilibrio il SSN. Non consideriamo comunque accettabile una previsione di tagl i al fondo
sanitario come quella programmata che porta, inevitabilmente, tutte le Regioni, anche
quelle viJ1uose, in squilibrio e in una logica di Piani di rientro. Pensiamo che sia necessario
e possibile cambiare il decreto senza pregiudicare il raggiungimento degli obbiettivi e in tal
senso ci muoveremo nel percorso parlamentare. Un percorso che può essere molto più
efficace e costruttivo se il Governo si mette nella condizione di recuperare un confronto
con le Regioni, partendo dall 'esigenza di verificare attentamente le previsioni per il
prossimo triennio e la definizione del nuovo Patto per la sa lute. Non crediamo che seguire
la linea di un subordinato dirigismo ai mercati sia la via migliore per creare quell'intreccio
fra consapevolezza della crisi e fiducia di cui il Paese ha bisogno.
Contrastiamo inoltre il ragionamento (o il di segno) di chi dice che il finanziamento del SSN
italiano è alla lunga insostenibile e allora va r id imensionato, e bisogna dar vita ad un
sistema parallelo di tipo privato che alleggerisca l'incidenza della spesa sanitaria nel
bilancio dello Stato. Sarebbe paradossale che proprio adesso, di fronte ad un fatto
straordinario come il pronunciamento della Corte Suprema USA che riconosce la
legittimità e il valore della scelta di Obama di estendere la protezione sanitaria a 50 milioni
di americani, da noi prenda corpo l'idea che sia necessario abbandonare il modello
universali stico di tutela del diritto alla salute.
Questa linea, quella di una coerente e non demagogica difesa del sistema sanitario
pubblico, impone l'esigenza di un processo di profonda riorganizzazione del SSN,
perché pensare di difenderlo così com 'è, stando fermi in trincea, rischia di por tare
acqua al mulino di chi ne teorizza l'insostenibilità finanziaria.
La stessa esperienza dei commissariamenti delle Regioni sottoposte a Piani di rientro dal
debito, basati su una im postazione tutta contabile che ha certamente portato ad un
contenimento della spesa, dimostra che il rischio è quello di una prevalenz a dei fattori
conservativi su que lli di riqualificazione e innovaz ione dei servizi. Non è un caso che nel le
Regioni sottoposte ai Piani di rientro sia aumentata la migrazione san itaria; e il tema
dell'enorme divario tra le diverse Regioni e aree del Paese in merito alla qua lità e
airefficienza dei servizi e delle prestazioni resta tu tt' ora una delle principali questioni sul
piano dell'equità nel la risposta ai bisogni di salute.
Riorganizzare il sistema significa affrontare questo nodo in un quadro che metta in cimal'obbiettivo e l'esigenza di una omogeneizzazione del SSN. Ciò richiede di prendere per le
corna il tema del rapp01to ospedali-territorio (non siamo certo noi quelli che ostacolano la
chiusura dei piccoli ospedali, basta andare a vedere cosa è stato fatto negli ultimi decenni in
regioni come l'Emilia o la Toscana) e della ridefinizione del ruolo dei medici di medicina
generale in un ottica di rete territoriale e di integrazione socio-sanitaria. Occorre inoltre
realizzare una regolazione più chiara e rigorosa sul tema degli accreditamenti con le
strutture private, come anche le recenti inchieste in Lombardia hanno messo in evidenza. E
poi abbiamo bisogno della effettiva costruzione di un meccanismo di verifica e di
va lu tazione trasparente e incisivo sugli indirizzi delle Regioni. Ma anche un rilancio della
prevenzione, in coerenza con l'idea che la difesa della salute sta in tutte le pol itiche e
ovviamente, in primo luogo, nella presa in cura intelligente dei cittadin i. L'impressione è
che spesso, in molte prestazioni, la domanda sia incentivata da un "eccesso" di offerta. Così
come la crescita di fattori di sfiducia e di conflitti genera sempre più frequentemente
problemi sul piano del rischio clinico e della medicina difensiva. Non è un buon modo per
fare la prevenzione.
L'obiettivo di una maggiore omogeneità comporta una riflessione sulle Regioni, anche
alla luce del federalismo fiscale e degl i indir izzi sui costi standard lì definiti e pU11roppo
finora accantonati. Poteva essere questa la via per affrontare in modo costruttivo la
spending review. Gli strumenti ci sono. Sono que lli previsti dalla legge 42 e dai decreti
attuati vi, a cominciare dalla Conferenza penn anente per il coordinamento de lla finanza
pubblica, fi no all'adozione di uno schema di bilancio omogeneo e trasparente per tutte le
ASL. E potremmo aggiungere certificato, come avviene già in alcune Regioni. Tuttav ia
oggi avve11iamo, tra le categorie e tra le forze politiche. una crescente ostilità verso l'autonomia e la competenza delle Regioni in materia di sanità, favorita dal centralismo
praticato dagli ultimi Governi e dalle stesse difficoltà politiche-operative della Conferenza
Stato-Regioni. Noi difendiamo l'autonomia delle Regioni ma ciò non significa difendere le
inefficienze o le gestioni subordinate a interessi che non sono quelli della tutela del la sa lute
dei cittadini. Lo abbiamo detto più volte e lo ribadiamo: il divario e la disomogeneità
tenitoriale che caratterizzano il SSN italiano non sono accettabili, in primo luogo sul piano
dell'equità e dell'esigibilità del diritto alla salute. Su questo piano bisogna trovare gl i
strumenti per un govemo regionale della sanità che sia effettivamente integrato e verificato
in un contesto di coesione nazionale.
L'aspetto finanziario e i Piani di rientro non sono criteri sufficienti. Occorre uno strumento, a cui attribuire f;mzioni e responsabilità chiare e autorevoli, che sia punto di riferimento per le Regioni e il Governo sul piano della qualità e dell'efficacia dei servizi e deile prestazioni, capace di m c~ere a confronto e verificare la concreta attuazione dei LEA nelle diverse Regioni. Creare indicatori riconosciuti e verificabili sulla qualità dei servizi è anche la condizione per ridurre e tenere sotto controllo i costi e l'organizzazione dei servizi sanitari.
Sul piano della riorganizzazione però e ntrano in campo anche le posizioni, le responsabilità
e le disponibilità degli operatori. E, innanzitutto, delle loro rappresentanze sindacali. Perché
è evidente che i margini di recupero di efficienza, non solo in termini di costi ma anche di
efficacia dei servizi, passano da una maggiore flessibilità nell'organizzazione e nel
funzionamento del sistema. Nel mondo sanitario italiano ci sono grandi energie, di
competenza, professional ità, senso di attaccamento al lavoro, che se motivate e
responsabilizzate nel modo giusto, sono in grado di dare un contributo di notevole valore
per il rinnovamento del sistema. Perché è di rinnovamento che si deve parlare, anche per
superare incrostazioni o resistenze di tipo conservativo che sono presenti anche in questo
campo. Emblematica in ta l senso è la pratica pluriennale della proroga nell'attuazione di
norme di legge come quella, ad esempio, sull'intramenia.
Parlando di assoluta priorità della ri organizzazione e della razionalizzazione del SSN non
significa dimenticare la questione degli investimenti. Pensiamo solo che circa la metà e
forse oltre, degli ospedali italiani, secondo la Protezione Civile, non è a posto con le norme antisismiche e che anche un processo di sviluppo di strutture territoriali, necessarie al
processo di dismissione di molti ospedali, hanno bisogno di risorse per investimenti. In tal
senso non sarebbe male pe nsare alla possibilità di un piano di modernizzazione strategica
del s istema sanitario in grado proporsi per i Projet Bond.
Per queste ragioni, per difendere il sistema pubblico come condizione fondamentale di
tutela del diritto alla salute, occorre un impegno straordinario da parte di tutti:
operatori, amministratori, forze politiche e sindacali, associazioni.
Il PD si rivolge a tutto il mondo san itario, partendo da una volontà di ascolto e di confronto,
per cercare insieme le motivazioni e le proposte necessarie per rilanciare la credibilità e
l'efficacia del sistema pubblico nell'esercizio e nella esigibilità del diritto alla salute, con la
consapevolezza che o siamo in grado di riorganizzare e rinnovare o la tenuta del SSN
diventa ancora più diffic ile, se non impossibile. Lo faremo ne lle prossime settimane e nei
prossimi mesi attivando fin da oggi gruppi di lavoro apetti sui temi principali che contano e
pesano per il futuro della sanità pubblica; dalla questione delle risorse alle tematiche
organizzative, dall'innovazione alla govemance. Gruppi di lavoro che saranno affiancati da
quelli già costituiti o previsti e appena avviati. L'obbiettivo è quello di rimettere al centro
dell'attenzione un tema e un valore fondamentale per la vita di tutti.
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