lunedì 9 luglio 2012

Sterilità maschile, intervista al dottor Rocco Rago dell'ospedale Santa Maria Goretti di Latina


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A poche settimane dall’incidente avvenuto presso il Centro romano del San Filippo Neri, nel quale “si è verificato - secondo quanto si legge nella nota della Direzione aziendale - un innalzamento della temperatura con azzeramento del livello di azoto, lo svuotamento del serbatoio e la conseguente perdita di 94 embrioni, 130 ovociti e 5 campioni di liquido seminale”, conoscere i processi che regolano un PMA può essere ancora più interessante per capire quanto delicata sia la materia con cui ci confrontiamo e quante implicazioni abbia non solo dal punto di vista sanitario ma anche da quello etico e morale.
Siamo stati guidati in questo viaggio attraverso la prevenzione andrologica e la conoscenza del funzionamento di un PMA dal dottor Rocco Rago, Dirigente responsabile dell’Unità operativa dipartimentale di andrologia e fisiopatologia della riproduzione dell’ospedale Santa Maria Goretti, all’interno del quale abbiamo uno dei quattro centri del Lazio dedicati alla sterilità di coppia e alla crioconservazione dei gameti.
Quali sono i dati frutto di questa seconda esperienza della campagna di prevenzione Androlife e che differenze avete registrato rispetto allo scorso anno?
“Rispetto allo scorso anno i dati sono quintuplicati. Se nella prima edizione avevamo effettuato in tutta Italia poco più di 1000 visite, quest’anno ne abbiamo effettuate 5112, e sono state 21.832 le telefonate ricevute dal call center i cui operatori erano medici quindi nell’immediatezza potevano rispondere a eventuali dubbi. Solo nel Lazio gli accessi ambulatoriali sono stati 448, Latina ne ha registrati intorno ai 100/120.
Un dato molto importante considerando il fatto che il numero va diviso per altre cinque strutture romane. Ciò che va sottolineato è il concetto fondamentale della campagna che non è quello di vedere più persone ma di sensibilizzare il più possibile.
E’ l’impatto mediatico ad essere importante. Inoltre c’è da dire che dietro questa manovra non c’è un soldo pubblico, non ci sono contributi. La Asl ha contribuito indirettamente fornendo le strutture ma senza alcun aggravio di spesa”.
Sono previste altre campagne?
“Abbiamo intrapreso la campagna “Semestre di prevenzione andrologica”, che viene effettuata all’interno delle strutture che aderiscono alla Società italiana di Andrologia, mentre “Androlife” è un progetto della Siams, Società Italiana di Andrologia e Medicina della Sessualità. In pratica un giorno al mese sarà dedicato alla prevenzione e le visite si svolgeranno presso ambulatori privati. A Latina le visite si svolgono presso il Centro Progenia Medicina della Riproduzione. Per prenotare la visita basta andare sul sito www.prevenzioneandrologica.it nell’area ‘prenota la tua visita’. Il mio sogno nel cassetto nell’operazione prevenzione è che riparta un progetto, attivo gli anni scorsi, nelle scuole secondarie, dedicato quindi a quei ragazzi che hanno già quasi completato lo sviluppo.
A 17 anni infatti, al di là dell’indirizzo dato dai genitori, si può avere la consapevolezza di concepire le problematiche.
Quando il giovane cresce entra in una sorta di limbo: a 17 anni si è troppo piccoli per andare dal medico di famiglia e troppo grandi per andare dal pediatra. Il giovane a quell’età è acerbo dal punto di vista sessuale, non perché sia incapace ma perché gli manca il confronto. Se si confronta con se stesso o con un amico non fa alcun passo avanti, i dubbi restano.
Ma se ci si confronta con uno specialista di passi avanti se ne fanno, eccome. E’ proprio a quell’età che può iniziare l’eiaculazione precoce con effetti sul futuro o comparire il varicocele che può portare all’infertilità; a quell’età inoltre si comincia a ricorrere agli stupefacenti per aumentare le prestazioni sessuali o si acquistano farmaci online. Questo sarebbe un progetto pilotato dalla Asl di Latina in collaborazione con quelle istituzioni che ne vogliano far parte”.
Il centro di Latina che dati ha prodotto fino ad oggi?
“Dall’anno della sua nascita, ossia il 2005, fino al 2011, (data degli ultimi dati disponibili, ndr) le coppie assistite perinfertilità sono state 2450. Le gravidanze spontanee sono state 212, quelle da inseminazione intrauterina 104 (10,3%), le gravidanze da ICSI/FIvET 126 (30,3%), per un totale di 443 gravidanze a termine e/o in corso. I bimbi nati da fecondazione assistita sono stati 107; il totale di crioconservazioni da pazienti oncologici e per PMA 172, gli embrioni congelati 80 e gli ovociti congelati 379, per un totale di campioni stoccati in azoto liquido pari a 631. Infine il tasso di fertilità a Latina è del 40% a fronte di una media nazionale del 30-35%”.
L’incidente all’impianto di crioconservazione del San Filippo Neri poteva essere evitato?
“Se parliamo con senno del poi ogni incidente può essere evitato. C’è ancora una commissione di esperti che sta valutando quindi non è il caso di pronunciarsi. C’è comunque una scarsa attenzione in generale della sanità verso l’infertilità che non è riconosciuta come malattia. Dal 2004 ad oggi il Ministero ha distribuito alle Regioni un milione di euro a testa l’anno da destinare a quelle strutture in cui erano presenti centri di PMA. Di fatto così non è stato perché nel Lazio non c’è una legge che regola tali centri. Dobbiamo rifarci ad una direttiva del Tavolo tecnico sulla PMA della Conferenza Stato Regioni che emana linee guida condivise dalla Regioni, di cui sono membro. La direttiva, approvata a dicembre e diventata attuativa il 15 marzo, recepisce direttive europee e stabilisce le regole del funzionamento di un centro di PMA e i vari livelli di sicurezza e tecnologici che deve avere e che a nostra conoscenza il San Filippo Nerinon aveva”.
Quali sono le procedure che un centro deve mettere in atto per garantire la maggiore sicurezza possibile?
"La direttiva del 15 marzo prevede che venga installato un sistema d'allarme che possa avvertire quando l'azoto per qualche motivo dovesse venire a mancare o si modifichi la temperatura. Attualmente comunque qui a Latina è quasi impossibile che si verifichi il problema del San Filippo Neri perché abbiamo il caricamento manuale dell'azoto, cinque bidoni in cui sono congelati gameti ed embrioni, che vengono riforniti una volta a settimana.
E' l'operatore che controlla. La nostra è una filiera certificata dall'accettazione del campione fino allo stoccaggio nel bidone di azoto. E' un iter molto severo e scrupoloso fatto anche di controlli incrociati proprio per evitare lo scambio di campioni.
Le misure che oggi la direttiva ci chiede di applicare, a Latina le applichiamo dal 2005 e ne è testimonianza il Manuale di Qualità ISo9000 nei centri di sterilità e banca dei gameti prodotto in quell'anno dalla nostra Asl".
Quali sono le novità che riguardano il centro?
"L'azienda si sta attivando per ridefinire l'assetto strutturale complessivo del centro e ha promosso un finanziamento di 400mila euro approvato dalla Regione per la ristrutturazione e la messa in sicurezza, in funzione di quanto è previsto nella direttiva del 15 marzo. E' importante che le Asl in generale diano più attenzione a queste strutture. Perché riconoscere come malattie solo ciò che è causa di morte o perdita di un arto o compromissione di un organo? E' riduttivo, perché l'infertilità di coppia causa malattie che non si vedono ma si percepiscono, dalla depressione al disadattamento alla vita di coppia e sociale, al calo demografico. Ci vogliono anni di attesa per effettuare un tentativo di procreazione medicalmente assistita, perché in una regione di circa 5 milioni di abitanti abbiamo attivi solo quattro centri di PMA, di cui uno è il San Filippo Neri. I dati attuali ci dicono che gran parte del 40% delle utenze che provengono da fuori Latina viene da Roma. Ci aspettiamo una sorta di "turismo" ulteriore da parte di Roma nonostante l'incidente difficilmente potrà risuccedere e di certo non andrà ad intaccare la qualità del centro".
Claudio Giorlandino, presidente della Società italiana di diagnosi prenatale e medicina materno fetale, a proposito dell'incidente al San Filippo Neri dice che "la sanità italiana fa parte da tutte le acque. Se non si hanno fondi a sufficienza per garantire un livello altissimo a questo tipo di strutture allora è meglio non aprirle e destinare il denaro ai Pronto Soccorso". Lei ritiene che davvero la sanità pubblica sia in sofferenza e che bisognerebbe magari delegare ai privati la PMA?
"Questo di Giorlandino è un messaggio che non può passare. Sono d'accordo con lui fino ad un certo punto, quando dice che questi centri sono altamente sofisticati, altamente tecnologici e necessitano di personale altamente qualificato perché lavorano con del materiale che ha un forte impatto anche dal punto di vista etico. Le aziende che hanno queste strutture però non devono chiuderle ma anzi, renderle sempre più fruibili al pubblico magari cercando delle compartecipazioni.
Tempo fa abbiamo fatto tra i nostri assistiti un piccolo sondaggio nel quale veniva chiesto se si sentivano più sicuri ad effettuare la PMA in una struttura pubblica o privata: il 90% ha risposto "pubblica"; e alla domanda se fossero stati disposti a pagare un ticket aggiuntivo ben l'80% degli intervistati ha risposto "sì", con un costo medio di circa duemila euro per avere un percorso pubblico di qualità. Assolutamente queste strutture non devono chiudere. Anzi si deve investire di più".
Sul web si rincorrono diversi commenti degli utenti dopo la perdita degli embrioni nel nosocomio romano. C'è chi dice che è una cosa grave ma che dovremmo stupirci di più delle morti di chi lavora nei nostri cantieri e chi dice che oltre ai 94 embrioni che sono andati distrutti al San Filippo Neri dovremmo piangere anche quelli che vengono ogni giorno scartati perché considerati non perfetti...
"Ci tengo subito a precisare che a Latina non ci sono embrioni in sovrannumero, semmai ovociti che se buoni vengono congelati per non costringere la donna a sottoporsi ad un trattamento poco piacevole più di una volta. Non si fa una selezione di embrioni. Inoltre non è giusto dare un valore “A” ad una patologia e valore B ad un'altra. La sanità non è un supermercato, ma un processo di qualità nel quale si deve investire per stare bene in salute nella società, evitando ogni spreco".

Intervista a cura di Silvia Frisina
giornalista de Il Settimanale di Latina

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