mercoledì 11 luglio 2012

Prevenire è un diritto uguale per tutti?


“Ogni individuo ha diritto a servizi appropriati per prevenire la malattia”: è questo il primo dei 14 punti della Carta europea dei diritti del malato, la cui promozione in Italia è  tra le priorità dell’impegno sul territorio di Cittadinanzattiva; ma siamo sicuri che sia un diritto uguale per tutti?  Leggendo il Focus HPV pubblicato dal Tribunale dei diritti del malato sembrerebbe che le disparità in Italia sono di vario genere, ma comunque esistono, e la causa sta proprio nella natura stessa del nostro sistema sanitario.
Progetto Archimede
Cittadinanzattiva parla di "federalismo vaccinale" quando allude all’intesa tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano sul Piano nazionale per la prevenzione per gli anni 2010-2012, nel quale si stabilisce che ciascuna regione adotterà il piano regionale per la prevenzione. E l’indagine pubblicata nei giorni scorsi chiarisce bene le motivazioni per cui l’adozione di piani regionali per la prevenzione possa generare anche nell’ambito della prevenzione differenze a livello regionale non solo nella pianificazione, ma anche nella reale accessibilità per i cittadini a prestazioni che riducono il rischio di insorgenza di patologie o ne favoriscono la diagnosi precoce.
Basato sulla rilevazione civica, il Rapporto stilato dal Tribunale dei diritti del malato ha fornito una capillare valutazione delle possibilità di accesso ai servizi, al fine di individuare best practice e creare materiale conoscitivo e di approfondimento per gli operatori del settore. Parlando, ad esempio, di vaccinazioni in età evolutiva, emerge una grande disomogeneità, ad esempio per numero di centri vaccinali attivi per Asl, modalità di appuntamento per la somministrazione del vaccino e canali di prenotazione differenziati, collegamento tra registri aziendali e registri regionali. Uno degli indicatori selezionati ai fini della valutazione della qualità del servizio offerto è quello relativo ai tempi di attesa, che, stando a quanto emerge dalle interviste, sembra attestarsi ad un tempo medio di massimo una settimana. Fanno eccezione alcune realtà aziendali del Lazio, nelle quali i bambini che vogliono sottoporsi a vaccinazione, possono attendere anche un mese per ottenere l’appuntamento. E questo è dato preoccupante, non tanto in termini assoluti, ma perché le vaccinazioni hanno delle “tabelle di marcia” che andrebbero rispettate.
Le differenze nelle modalità organizzative, nei calendari vaccinali e negli oneri per i cittadini sono tali da richiedere un rafforzamento della politica nazionale sui vaccini, da una parte, e una crescita sul piano organizzativo a livello regionale, mettendo le singole Asl in condizioni di dare più attenzione a canali di comunicazione più innovativi, come i new media che si caratterizzano per bassi costi e intercettano anche i più giovani, oltre che puntare sul coinvolgimento delle scuole nelle attività di informazione sulle opportunità di prevenzione vaccinale, per informare i ragazzi e, indirettamente, anche le famiglie.
a cura del Progetto Archimede
 Massimiliano Picardi

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